In quest’articolo cercherò di riassumere fornendo dati storici e tecnici Argilla-Laterizi materiale di cui è composto il cocciopesto.
Argilla-laterizi esige appropriate caratteristiche mineralogiche e fisico-chimiche, con particolare riguardo a plasticità, refrattarietà, granulometria, contenuto in quarzo e carbonati. Una buona argilla da laterizi di solito è formata da una miscela di minerali argillosi tra cui ileite, caolinite, clorite e montmorillonite associati a quarzo, feldspato, calcite, ossidi di ferro. Illite e caolinite possono indifferentemente prevalere: segue la clorite e, sempre scarsa, la montmorillonite. Quest’ultimo elemento è caratterizzato da difficoltoso essiccamento e da elevato ritiro sia in verde sia in cotto e pertanto sono da preferire i materiali che ne presentano il minor contenuto. Sono quattro le varietà di argilla-laterizi.
Argille grasse: sono costituite da un’elevata percentuale di minerali argillosi, trattengono una forte quantità di acqua e la perdono lentamente per evaporazione, subiscono un forte ritiro in essiccazione, sono molto plastiche.
Argille magre: contengono una percentuale rilevante di frazione sabbiosa, trattengono poca acqua e la perdono più rapidamente ha un basso ritiro, sono poco plastiche.
Argille caolinitiche: costituite prevalentemente da caolinite, colore bianco o giallastro, s’impiegano per la realizzazione della porcellana.
Argille refrattarie contengono solo in piccola quantità di composti che favoriscono la fusione (feldspati, carbonati di Ca, Mg, Fe ox).
La plasticità dell’argilla una delle peculiarità dei materiali argillosi, si manifesta quando il composto assorbe acqua e viene persa quando questa si allontana, dovuta all’azione lubrificante e legante dell’acqua assorbita che crea un rivestimento liquido attorno ad ogni particella, per ogni tipo di argilla esiste un ben definito intervallo di percentuale di acqua che verifica la plasticità di argilla-laterizi.
Il Mattone-Laterizi
Le prime testimonianze sulla produzione di mattoni risalgono ai tempi dei Babilonesi oltre 5000 anni fa. Inizialmente si utilizzavano crudi, solo essiccati al sole; dal 2500 a.C. s’iniziò la cottura. Le più grandi costruzioni egiziane antiche sono state edificate in pietra (calcare, arenaria, granito), materiali che vi sono sempre stati reperibili in grande quantità, ma nelle più vecchie piramidi si sono trovate mura interne costruite con mattoni secchi e rivestite esternamente di pietra. È da notare che nella produzione egiziana, si usavano mattoni di dimensioni molto simili a quelle in questo periodo in uso: 210 x 100 x 65.
I primi mattoni cotti cominciano ad apparire nel 2500 a.C. e si trovano impiegati come rivestimento esterno delle grandi costruzioni monumentali, a protezione di più spesse murature interne di mattoni secchi, benché l’arte del cuocere le stoviglie fosse già conosciuta molti secoli prima. Del 1600-1100 a.C. si trovano parecchi esempi di mattoni cotti, aventi superfici variamente lavorate, ottenute per formatura in stampi a umido. La cottura fu una grande conquista, perché l’uso di mattoni crudi richiedeva un lunghissimo periodo di essiccazione, senza contare la maggiore resistenza del nuovo prodotto. E’ sintomatico che dopo la devastante alluvione del Tevere nel 54 a. C. l’impiego dei mattoni crudi, fu addirittura proibito a Roma, questo perché le acque avevano prodotto negli edifici invasi lo slavamento dell’argilla delle strutture murarie. Il mattone in terracotta è rimasto uno dei pochi prodotti composti di soli materiali naturali: argille, sabbia, acqua e fuoco sono gli elementi che lo compongono, I sistemi di produzione del laterizio non sono mutati molto fino al XIX secolo la produzione è rimasta manuale, L’essiccazione s’è ottenuta al sole, e soltanto nei periodi favorevoli, la cottura è stata condotta in forni di campagna con mattoni in cumulo. In Europa, per un lungo periodo, la tecnologia di produzione del’argilla-laterizi ha seguito quella adottata dai Romani durante i secoli delle loro grandi conquiste. Nei modi di scavo, di prelavorazione, di essiccazione e di cottura.
Il cambiamento è iniziato circa cinquant’anni fa, dopo l’introduzione delle prime macchine motrici (macchine a vapore), con le quali sono state possibile meccanizzare le operazioni di prelavorazione e formatura e aumentare le capacità di produzione e la resa meccanica degli impianti. Il miglioramento oltre che di quantità della produzione industriale del’argilla-laterizi, che non si sarebbe potuto affermare senza le macchine motrici, è stato favorito con la costruzione del primo Forno ad anello di Hoffmann. È con questo sistema di cottura, per quei tempi assolutamente rivoluzionari, che si è razionalizzata la produzione, ottenendo nel frattempo una notevole riduzione dei consumi termici. In nessuno dei forni precedenti si poteva controllare e regolare l’alimentazione del combustibile e nemmeno l’aria necessaria alla combustione. Accadevano frequentemente sotto temperature e sovratemperature localizzate, atmosfere molto ossidanti e riducenti nei vari punti dello stesso cumulo. L’Hoffmann per primo ha introdotto il tiraggio dei fumi per il preriscaldamento del secco, le bocchette per l’alimentazione distribuita del combustibile, il raffreddamento del cotto e il recupero di buona parte del calore in esso accumulato; concetti validi ancora oggi, anche se i forni sono cambiati di molto.
Nella Pianura Padana si hanno testimonianze dell’utilizzo del mattone cotto fin dal II secolo a.C., dove il mattone assume il monopolio nella costruzione urbana e rurale. Esso diventa sinonimo di casa di focolare domestico. In una regione quasi del tutto priva di cave di pietra e marmi, ma ricca di strati argillosi, si fece di necessità virtù. Così il cotto surrogava perfettamente i materiali più pregiati, tant’è che a volte era poi intonacato e decorato per somigliare al marmo. Il suo impiego si diffuse nella zona Padana, in netto anticipo rispetto ad altre zone d’Italia.
Preziosa testimonianza dell’attività dei primi fornaciai è il mattone manubriato, così detto per la fessura destinata a servire come presa per renderlo più maneggevole. La dimensione tipica del manubriato era base cm. 29,5 x altezza cm. 45 spessore cm. 6,5 e peso approssimativo 16 kg. Oltre ai mattoni, i reperti archeologici ci restituiscono coppi e scandole per le coperture, mattonelle per i pavimenti e sagome per le parti decorative. In età medievale il ruolo del laterizio è ampiamente documentato da fonti scritte e abachi delle misure. Elementi decorativi di finitura, erano plasmati per ricavarne cornici e capitelli per arricchire gli edifici pubblici, le chiese e i palazzi. L’ideologia architettonica del Guarini, in linea con altri autorevoli architetti diceva che non devono usarsi materiali che non essendo del paese non possono trovarsi se non con grande spesa e che in linea di massima non è tanto la materia che determina la bellezza dell’opera quanto la sua bella disposizione.
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